Prato sembra un’area abbastanza inconsueta per una ristorazione di livello, è una città veloce, industriale in cui sembra impossibile poter godere appieno di un cibo gourmet. Mirko Giannoni e Sara Sanesi, i punti di riferimento della cucina e della sala del Pepe Nero, ci sono perfettamente riusciti.
Mirko, pratese del 1975, dopo 10 anni di esperienza all’Enoteca Barni come sous-chef del titolare, nel 2002 all’età di 26 anni e con l’aiuto del padre Marino, decise di aprire il Pepe Nero. All’inizio fece una cucina classica e poi, da circa 10 anni fa si è specializzato nella cucina creativa di pesce che varia sempre ma dove il Maltagliato alla Viareggina, rimane sempre in carta. Quella di Mirko comunque è una cucina frizzante che occhieggia alla contemporaneità usando tecniche moderne mixate ad ingredienti anche inconsueti. Frutta, verdure, pesce si sposano con spume, creme, profumi e si intersecano in canali gustativi e olfattivi di mirabile entità. Il dolce, l’agro, il salato si rincorrono in un carosello di tonalità gustative che si esaltano con l’abbinamento dei vini, scelti da Sara, e si compenetrano con gli alimenti sviluppando grandi armonie.
L’ambiente è sobrio, sui toni del grigio con volute di stoffa a tutte le pareti che danno un tono soft e ricercato all’ambiente dove, sapientemente posizionate, fanno mostra di se mirabili opere d’arte moderna di grandi nomi.
Sarà ha preso la passione dell’arte dal padre, grande collezionista, ed ha trasmesso a Mirko la voglia di “giocare” con l’arte in cucina. Ma attenzione, non crediate che sia un gioco semplice ne tanto meno banale. Mirko ha studiato con Sarà uno speciale menù, solo su prenotazione, in cui si coniuga l’arte e la cucina in cui si prende spunto da un’artista e dal suo lavoro per sviluppare e proporre un piatto che in qualche modo lo emuli. Naturalmente oltre a questo potrete trovare sempre la creativa e gustosa cucina che, principalmente è incentrata sul pesce, proveniente da Viareggio e Livorno, ma che non disdegna la carne purché di qualità e selezionata da allevatori di Calvana della zona.
Una serata perfettamente riuscita in cui Mirko e il suo Staff hanno dato il meglio di loro dalla cucina a vista.
L’arte al Pepe Nero è arrivata nel 2010. All’inizio collaboravano con una galleria d’arte che esponeva varie collezioni che si alternavano ma poi, dopo la ristrutturazione del 2015, hanno iniziato ad esporre opere della collezione privata di famiglia di cui Sara è la principale appassionata. Da qui, oggi, l’idea di creare una serata in cui far partecipare amanti dell’arte e non solo per coniugare cibo non solo da mangiare ma anche, come l’arte, bello da vedere.
Il cestino del pane è stato il primo ad essere portato in tavola dal quale ho potuto scegliere diverse varietà.
La cena è iniziata con una mise en bouche subito curiosa ma che ancora non c’entrava con l’arte: Il tiramisù di Baccalà e patate.
Il vero divertimento è iniziato con il primo piatto ed è proseguita con l’abbinamento dei vini che Sara, appassionata sommelier e perfetta padrona di casa, ha servito prelevandoli dalle sue 300 etichette con una grande competenza e professionalità. Il primo è stato uno Champagne Bergere.
Ecco la piacevole, profumata e curiosa interpretazione della prima opera d’arte: Joseph Kosuth – Art as idea as idea – 1967 (Arte concettuale) Scampo al vapore, acqua di mare e lime
La seconda portata, con un approccio gustativo più normale, ha avuto origine da una opera d’arte abbastanza discussa: Piero Manzoni – Merda D’Artista – 1961 (arte concettuale, nuovo realismo) imbarattolando Tonno confit in porchetta, cipolle e fagioli cannellini in contenitori di 30 gr, firmati e numerati dallo chef.
Il terzo piatto, ispirato a Christo e ad un suo progetto del 1973 (Nuovo realismo – Land Art) si esprime in piatto nascosto alla vista, come le opere impacchettate di Christo che contiene Tartara di dentice su crema di ricotta della Calvana e pistacchi accompagnato dal suo progetto. Interessanti i sapori in contrasto tra la delicatezza del pesce, la sapidità della ricotta e la croccantezza dei pistacchi. Questo piatto era abbinato a Blanc de Morgex et De la Salle 2015 della Val d’Aosta.
Ecco il piatto aperto
La quarta portata è stata proprio una provocazione, un gioco ben riuscito: Ben Vautier – Geste 1966 (Body Art Fluxus – Nuovo realismo) – Non posso vedere, non posso intendere, non posso parlare – (non è descritto nessun piatto)
Ecco il mio approccio alla degustazione e senza sapere nemmeno cosa avrei assaggiato!
Dopo il primo momento di disagio in cui cerchi di trovare la forchetta e di non infilare le mani nel piatto ma solo di assaggiarlo ti trovi concentrato ad ogni singolo movimento e le papille gustative sono attentissime. Un girotondo di emozioni che partono dalla bocca e direttamente invadono il cervello stimolandone tutte le attività. Era un risotto, questo si capiva, con sapore dolciastro in cui comparivano elementi anch’essi dolciastri e parti di una consistenza diversa e con più sapidità. Poi dopo l’assaggio iniziale ho tolto la benda ed ho potuto verificare le mie impressioni che si sono così palesate. Era un ottimo Risotto al Vermouth e Mortadella di Prato con gamberi rossi siciliani crudi e cotti. Solo in queste condizioni estreme ti rendi conto di quanto siamo condizionati dalla nostra vista che ci fa a volte tralasciare gli altri sensi. Stavolta il piatto era abbinato ad un vino adattissimo un Vinschau Kerner Sonnenberg di Merano.
Il piatto successivo era ispirato a Lucio Fontana – Concetto Spaziale 1965 (Spazialismo) – La nostra sogliola alla mugnaia, prima coperta e poi mostrata dopo il taglio della pellicola che la ricopriva. Una buonissima interpretazione che rallegrava l’occhio e il palato. L’ottimo vino abbinato era un Grand Cru Praelatenberg 2012 Domaine Fernand Engel.
Avviandosi alla conclusione della cena mi è stata servita una fresca e corroborante reinterpretazione dell’Apple Martini
Alla fine il dolce, “L’interpretazione più sofferta e meno concettuale della serata”, come ci racconta Sara, “In cui Mirko in veste attuale ripresenta un lavoro di Alighiero Boetti – Millenovecentosettanta . 1970 (arte povera) Ricordo di Prato. Un gradevolissimo dessert abbinato in contrasto ad un secco porto.
Cosa dire? Curiosità, stupore, interesse, divertimento? Indubbiamente è stata una serata molto stimolante sia per i piatti che per l’abbinamento con l’arte ma anche con i vini che hanno contribuito, con la perfetta sincronia nell’avvicendarsi nel palato a rendere questo convivio memorabile.
Un plauso dunque al Pepe Nero, allo staff di cucina in cui figurano in primis Mirko Giannoni, poi Federico Memoli, Andrea Venzo, Lorenzo Doni e Gabriele Palumbo e in sala Sara Sanesi coadiuvata da Marino Giannoni (il patriarca), Francesco Di Ieso, Susanna Cecchi e Giulia Cecchi.
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Contatti:
Ristorante Pepe Nero Via Adriano Zarini 289 – Prato
Tel. 0574550353 ristorantepepenero@hotmail.it
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Scritto da Marco Bechi +393394977937 marcobechi.it@gmail.com
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